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Psicoterapia Emdr

La Dottoressa Francesca Savarino, psicologa e psicoterapeuta esperta, da 20 anni porta avanti percorsi psicologici a Ravenna e Bologna.

In questo sito potete trovare tutte le indicazioni sui percorsi offerti per il trattamento di moltissime problematiche.

Si parla inoltre della Psicoterapia Emdr per ansia, depressione, attacchi di panico, disturbo ossessivo compulsivo, tricotillomania, disturbi alimentari (anoressia, bulimia, binge eating) e obesità, Dismorfofobia, traumi da abuso infantile nell’adulto, elaborazione del lutto, mobbing, bullismo.

Di seguito i link per scoprire di più sulla psicoterapia Emdr e le problematiche trattate.

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Anoressia e Bulimia cura

le differenze psicologiche nella cura di anoressia e bulimia

Quando si parla di disturbi alimentari spesso si pensa che il quadro psicologico sia pressoché lo stesso.

In realtà l’unica cosa che accomuna le due problematiche è la costellazione di fattori scatenanti e precipitanti, nonché la Dismorfofobia, cioè il disturbo dell’immagine corporea.in questa breve revisione porterò alla luce alcuni fattori caratteristici che però non devono escludere le eccezioni, in quanto l’umanità è davvero varia e non abbiamo la fortuna di essere tutti diversi.

  • Anoressia e bulimia cura

Anoressia e bulimia e gli aspetti in comune: fattori scatenanti e precipitanti

Innanzitutto quasi tutte le narrazioni su questi due disturbi alimentari partono da un normo peso, talvolta leggero sovrappeso in infanzia.

Spesso l’avvento delle mestruazioni viene vissuto con forte disagio per motivazioni diverse:

A volte il menarca è troppo precoce, a volte troppo tardivo. Inoltre l’accoglienza di questo evento in famiglia può essere distaccata o troppo emotiva.

Altro elemento scatenante il disturbo alimentare è la sequela dei feedback negativi sia esterni, da parte dei pari ma anche da parte dei famigliari, sia interni. Per feedback negativi interni intendo la revisione della realtà e del proprio corpo con un filtro già negativo che tende ad autoconfermarsi: ad esempio andare in un negozio e provare un paio di pantaloni che risultano stretti. in questo caso anziché prendere in considerazione che la casa madre faccia parte di quel tipo che per risparmiare sui tessuti minimizza le taglie, conferma la propria idea di inadeguatezza e rinforza la visione allargata del proprio corpo.

Anoressia e bulimia e gli aspetti in comune: Dismorfofobia 

Per anni si è ritenuta la Dismorfofobia, cioè il disturbo dell’immagine corporea, agire differentemente nell’anoressia rispetto alla bulimia, si riteneva infatti che in quest’ultima, l’immagine corporea fosse dilatata solo in alcune parti, mentre nel primo caso risultasse tutta gonfiata. Per esperienza diretta posso affermare di non aver riscontrato chissà quale differenza. L’immagine allo specchio in entrambi i casi e la peggior nemica che si possa avere. Essa peggiora improvvisamente, apparentemente senza un perché,  in verità parallelamente all’autostima.

Ed ora veniamo alle tante differenze.

Anoressia e bulimia, gli aspetti non in comune:

Quando penso alle mie pazienti, ricordo il loro mondo interno, fatto di sensi di colpa e conflittualità, per prima cosa su se stesse, che però si distingue nettamente.

 L’approccio al controllo.

Col controllo in terapia sui disturbi alimentari si ha sempre a che fare, ma con una sostanziale differenza:

Nell’anoressia la persona sembra aver trovato la propria personale soluzione per tenere fermo tutto ciò che in verità si svincola dalle dita come sabbia. Faccio questa metafora perché è questo che mi fa pensare il racconto composto di chi soffre di anoressia. Apparentemente tutto bene, le emozioni si estendono con una forbice minima, sufficiente a non essere mai né troppo agitata, né troppo eccitata. Questa è la condizione ideale per sostenere tutte le richieste dal mondo esterno, anche tre interrogazioni al giorno (che tra parentesi sta diventando il must in qualsiasi liceo scientifico d’Italia)! Ma basta un soffio per sconvolgere il castello di carta. “Insomma, a meno che non mi si parli di riprendere peso io ho raggiunto il nirvana e tu mia caro psico stai ben attenta a non stuzzicare il can che dorme!” La fragilità è dietro l’angolo così come il rifiuto di collaborare in un progetto terapeutico, ecco perché è fondamentale costruire una alleanza a massima flessibilità sugli obiettivi. Perché la persona deve sentire di avere la maggior parte del controllo del percorso psicologico e nutrizionale.

La perdita di controllo

Mentre dall’altra parte, in un altra stanza, si accascia su se stessa dopo essersi battuta i pugni sul petto un ennesima volta, chi soffre di bulimia, intrappolata nel suo corpo che è al col tempo vittima e carnefice. Non ha vinto la lotteria con questo sintomo, tutt’altro. È caduta e ricaduta senza mai imparare dov’è la buca, più ammaccata che mai. Non solo, della sua unica soluzione, che è al col tempo causa dei suoi mali, si vergogna terribilmente. Se potesse lascerebbe tutto a te terapeuta se solo avessi la bacchetta magica e le facessi sparire il vomito e i chili di troppo! Ma la bacchetta magica non c’è. C’è solo il tempo è tanto lavoro, fatto ancora di cadute, che però un pò alla volta insegnano a non cadere più.

Alta prestazione

Chi soffre di anoressia ha imparato ad estendere il concetto di perfezionismo ad ogni cosa che lo circonda e che gli appartiene. Questa modalità da una parte consente di rassicurare la persona che niente mai andrà storto perché tutto va bene, dall’altro scatena livelli di tensione altissimi perché spesso nessun voto se non l’eccellenza è accettata. Per tanto tutto viene a girare fra i numeri alti delle votazioni e quelli bassi del peso a discapito di tutte quelle dinamiche tipiche dell’età di esplorazione ambientale ed avvicinamento con i pari. Non c’è spinta verso l’uscita in discoteca nè interesse verso il proprio e o l’altro sesso.

Alto tasso di creatività

Chi soffre di Bulimia invece, spesso è dotato di una grande capacità immaginativa, che lo porta a produrre varie forme artistiche in maniera non metodica, anche se è presente anche in questo caso il perfezionismo. Esso interviene per lo più distruggendo la valutazione dell’operato. A causa di questo meccanismo è molto difficile che la produzione sia continuativa, anche se di certo è curativa per la persona.

_ Anoressia e bulimia cura

famiglia iper unita

salvator Minuchin molti anni fa descrisse la famiglia anoressica, come caratterizzata da una madre simbiotica ed un padre assente fisicamente o mentalmente. Oggi, quando si tratta di disturbo anoressico puro, è più facile riscontrare in famiglia una sorta di collante che lega tutti e che evita il conflitto. Prima dell’evento della malattia succede davvero poco in queste famiglie, e spesso non si rilevano eventi traumatici se non prima della nascita dei figli.

Questo può capitare perché i genitori provengono ad esempio da una famiglia altamente conflittuale e quindi hanno evitato questo tipo di modello nella crescita dei figli, oppure perché loro stessi non sono stati educati ad affrontare il conflitto.

  • Anoressia e bulimia cura

famiglia mina vagante

Tutto un altro discorso dai può affrontare parlando di chi soffre di bulimia e della sua famiglia.

in questo caso il conflitto è spesso elevato, e i genitori spesso sono impegnati a darsi battaglia a discapito dei figli che percepiscono una sostanziale differenza nell’importanza dei membri.

la creatività in questo caso offre una valvola di sfogo dalla tensione famigliare.

Lock down

Questi due modelli famigliari ovviamente non sono applicabili sempre e possono essere visti come degli estremi in cui si può tendere. Negli ultimi anni infatti ho notato quanto non sia necessaria una psicopatologia famigliare, per arrivare a sviluppare un disturbo alimentare durante un lock down.

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Disturbi alimentari e attaccamento

Disturbi alimentari e lock down

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Anoressia e Bulimia cura

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Ricordare l’abuso infantile

Ricordare l’abuso infantile

Quando parliamo di abuso infantile dobbiamo riferirci ad un atto, spesso ripetuto nel tempo di carattere violento, verbalmente o fisicamente, di tipo fisico o sessuale. Questo agito, o serie di agiti, capita nell’età più delicata per la formazione della struttura difensiva psichica, cioè in quel lasso di tempo che va da 0 ai 14 anni. Sebbene si possa definire l’ultimo periodo come pre adolescenza è bene comunque considerare gli accadimenti in questa fascia di età come in quella infantile, perché la persona non può essere definita capace di intendere e volere un esperienza di questo tipo in quanto ancora con psiche e cervello in formazione.

Si può ricordare l’abuso infantile?

Certo, in molti casi, specie superati i 4 5 anni l’abuso si ricorda. Dobbiamo però tenere in considerazione l’emozione di vergogna associata all’abuso, specie se esso è di natura sessuale. La vergogna infatti contribuisce alla sopraffazione emotiva della persona durante l’atto e alla conseguente mancata registrazione in memoria. Quando invece nonostante tutto si produce un ricordo, il cervello umano crea immagini sensazioni ed emozioni riferiti ad esso, all’interno di frammenti chiusi, che però di tanto in tanto si fanno sentire arrecando forte disagio emotivo. La persona abusata di solito cerca di tenere lontano il più possibile questo sentire, anche attuando strategie di evitamento molto simili a dei rituali ossessivi. Spesso infatti si evitano determinati argomenti, luoghi, riferimenti intellettuali ecc… che in un qualche modo possano essere connessi all’abuso. Sovente queste strategie portano a mezzi di sedazione emotiva, come l’abuso di cibo, alcool e droghe. L’uso di questi “diversivi”può portare ad una vera e propria dipendenza. Secondo uno studio canadese del 2016 (Esme Fuller-Thomson dell’Università di Toronto) un soggetto su cinque dipendente da droghe o un soggetto su sei dipendente da alcol ha subìto violenze sessuali nell’infanzia. Inoltre, proprio per questa difesa evitante, in persone vittime di abuso sessuale infantile, la sessualità può risultare compromessa e anorgasmica.

Ricordi precoci

Prima dei 4, 5 anni questi circuiti chiusi possono essere ancora più poveri, e considerando il fatto che a quell’età il bambino fa più fatica ad identificare le emozioni correttamente, spesso rimangono delle sensazioni fisiche associate ad immagini che possono turbare moltissimo la persona abusata in quanto fuori contesto e appartenete alla sfera infantile. Questa è la  causa maggiore di inibizione dei genitori nel contatto fisico coi propri figli piccoli. 

La sensazione generale indotta da questi frammenti impliciti di memoria è di disagio nei confronti di sé come persona e del proprio corpo, come se all’interno di sé si nascondesse qualcosa di sporco e silente.

Ricordare l’abuso infantile improvvisamente

A volte, anche se raramente può capitare che una determinata situazione “triggeri” lo sblocco di una memoria implicita. Ciò accade perché quella determinata situazione porta l’individuo a sentirsi come quando è capitato l’abuso o perché ha connesso una caratteristica forte (un particolare odore ad esempio) associata a quella memoria implicita.

Ricordare l’abuso infantile in terapia

Nel percorso terapeutico EMDR con una persona che ha subito abuso infantile, può accadere qualche volta che un frammento mnestico torni a galla. Ma essendo appunto una eventualità nel percorso psicologico è meglio utilizzare l’EMDR su ciò che il paziente porta, cioè le sue sensazioni e i frammenti di ricordo, perché il lavoro si valida lo stesso consentendo alla persona di oltrepassare i ricordi e tutte le emozioni e sensazioni negative ad esso associate e di costruire una cornice alla storia dell’abuso che possa essere inserita nella grande parete della propria narrazione.

EMDR e cura del trauma

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Tricotillomania cause

Tricotillomania cause

Tricotillomania cura a Ravenna e Bologna

La tricotillomania è stata posta nel DSM 5 (Manuale psichiatrico statistico e diagnostico) nella categoria del disturbo ossessivo-compulsivo per via della natura impellente dello strappare capelli e/o sopracciglia e della difficoltà a porre termine al comportamento.

I dati sulla tricotillomania

La prevalenza della tricotillomania nella popolazione generale è dello 0,5-2% e l’esordio coincide con la pubertà (10-13 anni). Quando la malattia insorge prima, solitamente si risolve con lo sviluppo, per poi tornare successivamente o mutare in un disturbo ossessivo vero e proprio.

Il disturbo colpisce in maniera uguale bambini maschi e femmine, mentre dalla pubertà è più comune nelle femmine, o, quanto meno è questo il genere che chiede si più l’aiuto, psicologico. Possiamo ipotizzare sia dovuto al fatto che la perdita di capelli nelle ragazze sia vissuto come più stigmatizzante e meno gestibile.

Tricotillomania cause

Dato che cause specifiche non sono state ancora trovate, trovo più corretto parlare di fattori scatenanti e predisponenti: genetici, ormonali ed ambientali.  

Fattori scatenanti

Essi sono molteplici, dall’esposizione a stress prolungato, l’ansia cronica o la presenza di altre patologie della sfera psichica come disturbi dell’umore, del comportamento alimentare o ossessivo compulsivi

  • ansia e stress prolungati: coloro che sono sottoposti ad eventi stressanti per un lungo periodo o vivono stati d’animo di ansia cronica possono sviluppare tricotillomania.
  • eventi stressanti acuti: qualsiasi evento drammaticamente stressante può favorire la comparsa del disturbo.

Fattori predisponenti 

  • Fattori genetici: familiari di 1 grado (presenza in famiglia di altre persone affette da disturbo ossessivo compulsivo o tricotillomania).
  • Elevato livello di perfezionismo.
  • Difficoltà nella regolazione delle emozioni (molto percepita nei momenti di noia, spesso scatenati la compulsione).

Psicoterapia EMDR per la cura della TRICOTILLOMANIA

il percorso psicologico con chi soffre di questo disturbo si muove su più livelli:

  • Lavorare in profondità sui ricordi e le cause che sostengono i fattori psicologici predisponenti, per rendere la persona più forte ed efficace nel gestire i momenti di stress che scatenano la compulsione.
  • Lavorare sulla compulsione stessa, tramite sessioni EMDR atte ad abbassare l’attivazione psicologica che scatena il comportamento di picking su peli e capelli.
  • Lavorare sull’integrazione della persona e sulla ricerca di modalità di regolazione emotiva più funzionali.

Dottoressa Francesca Savarino

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Disturbi alimentari e attaccamento

Disturbi alimentari e stile di attaccamento

Quando parliamo di disturbi alimentari spesso ci riferiamo al qui e ora, cioè ai sintomi prevalenti, come il digiuno, l’abbuffata e il vomito. In verità come ogni problema  psichico, esso deriva da un insieme di fattori pregressi, che assemblandosi creano il problema. Uno di questi è il legame di attaccamento: Un fenomeno psicologico che si costituisce nei primi anni di vita.

Il legame di Attaccamento

Questo termine, coniato da John Bolwby, è diventata una delle chiavi di lettura più efficaci per noi psicologi per comprendere la narrazione del cliente e anche come funzionano le sue relazioni e la relazione in studio.

Ecco di seguito cosa ci può essere utile sapere:

1 Deriva dalla relazione madre-figlio.

2 Nel bambino è innato caratterizzato da due dimensioni fondamentali, la ricerca di sicurezza e il comportamento esplorativo.

3 L’obbiettivo principale del legame di attaccamento è quello di creare una base sicura (solitamente la madre) per il bambino in modo che possa esplorare l’ambiente che gli sta attorno senza correre rischi.
4 Quando la distanza tra madre e bambino diventa eccessiva si attivano i comportamenti di attaccamento, in modo da ristabilire la vicinanza con il caregiver.

Ed è proprio grazie al punto 4 che si è scoperto l’attaccamento: su questo concetto è stato progettato un esperimento psicologico chiamato Strange situation (ainsworth), in cui i bambini, dopo un iniziale momento assieme alla madre rimanevano soli per alcuni minuti. Al ritorno, di fronte alle loro madri i bambini non si comportavano allo stesso modo.

I diversi stili di attaccamento

Questa procedura ha anche consentito di individuare diverse tipologie di comportamento nel bambino, che possiamo definire come stile di attaccamento: 

  • Sicuro, utilizzo della madre come base sicura per l’esplorazione; 
  • Insicuro-evitante, il bambino manifesta pochi comportamenti di affetto verso la madre; 
  • Insicuro-ambivalente, alternanza di comportamenti che desiderio di contatto con segni di rabbia e rifiuto.

 A queste tre tipologie, Main e Solomon (1986) ne hanno aggiunta una quarta, chiamata:

  • attaccamento disorganizzato-disorientato, caratterizzata da comportamenti contraddittori e difficilmente interpretabili. 

Influenza del legame di attaccamento sui disturbi alimentari

Se prima del Lock down mondiale circa il 5 % degli adolescenti ricadeva nei criteri diagnostici del DCA, oggi purtoppo abbiamo visto aumentare questa percentuale del 30% .

I disturbi alimentari nascono come risposta al cambiamento (corpo, status, famiglia e relazioni) e ad esso dobbiamo aggiungere purtroppo, l’enorme cambiamento vissuto nel biennio 2020-2022 che ha toccato le aree di libertà personale e prospettiva futura.

L’attaccamento influenza il modo con cui gli adolescenti affrontano i cambiamenti: in generale un legame di attaccamento sicuro, in cui il caregiver offre supporto emotivo e conforto. Esso è indispensabile per la formazione della propria identità, per la definizione degli obiettivi e per evitare futuri rischi psicologici. Insomma, garantisce la tenuta psicologica, ma anche la capacità di costruirsi un propria autonomia, aldilà dei genitori.

Al contrario, un legame di attaccamento insicuro, in cui il caregiver non può rispondere se non  in maniera discontinua ai segnali del bambino, crea nel soggetto un senso di incompetenza e di impossibilità di affrontare i cambiamenti.

Disturbi alimentari e stile di attaccamento.

 Gander e colleghi (2015) hanno trovato una correlazione fra la relazione tra legame d’attaccamento e disordini alimentari. Essi rivelano che gli adolescenti con disordini alimentari hanno, prevalentemente, uno stile di attaccamento insicuro. In particolare alcuni autori hanno notato una prevalenza di legame di attaccamento evitante, mentre altri una prevalenza di attaccamento ansioso. Qualche autore ha anche ipotizzato che l’attaccamento evitante sia caratteristico dei soggetti con anoressia restrittiva, mentre quello ansioso di soggetti con anoressia purgativa o bulimia.

Vorrei però porre una questione, riferendomi ai disturbi alimentari nati in questi ultimi tre anni: siamo proprio certi che lo stile di attaccamento sicuro sia riuscito a proteggere gli adolescenti dal trauma del lock down per covid 19? Io no.

Nel mio piccolo osservatorio mi è capitato spesso di incontrare adolescenti con uno stile di attaccamento sicuro, ma che comunque presentavano caratteristiche tipiche dell’anoressia e condotte compensatorie. I prossimi anni daranno modo di esaminare meglio che cosa sia effettivamente successo. Questo ci servirà a capire fino a che punto l’uomo riesca a far fronte ai traumi con le proprie risorse personali e dove sarà necessario intervenire preventivamente.

https://www.psicologaravennabologna.it/tematiche/anoressia/

https://www.psicologaravennabologna.it/tematiche/bulimia/

Disturbi alimentari e EMDR

Disturbi alimentari e lock down

Disturbi alimentari

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La ferita del bullismo
Dovendo pensare a quale fattore traumatico in adolescenza determini il sintomo più persistente in terapia io penso al bullismo.
Penso a questo fenomeno così citato fra le testate giornalistiche, per prima cosa per la costellazione di sintomi che si porta dietro.

I sintomi del bullismo

Depressione, autolesionismo, disturbi alimentari, dismorfofobia spesso associata alla parte del corpo bersaglio del bullo, abuso di sostanze (per sedare la disregolazione emotiva), esplosioni emotive, tentativi di suicidio: questi sintomi spesso si presentano allacciati gli uni con gli altri suscitando grande preoccupazione da parte dei genitori.

Il bullismo irrompe nella terapia

Quando ti trovi ad avere a che fare con la complicata matassa emotiva con cui i ragazzi ti portano la loro storia, ti rendi conto quanto sia difficile districarla e speri con tutto te stesso di riuscire a dare loro anche un briciolo di serenità all’interno di quella seduta. Il lavoro è lento ma non per questo interminabile, e quasi sicuramente ne rimarrà una cicatrice emotiva. Sarà per il fatto che non parliamo di un solo trauma ma ben si di un trauma ripetuto nel tempo che come una goccia cinese ha scavato nella personalità di chi è vittima del bullismo.

Quando il bullismo colpisce il corpo

Spesso accade che l’oggetto di derisione sia il corpo. In questo caso accade spesso che i genitori assistano inermi a radicali trasformazioni da parte del figlio, con perdite di peso pericolose che creano uno spartiacque fra l’adolescente sfigato e vergognoso e quello nuovo, più figo, che però non sente più niente. Questa nuova versione impeccabile rifiuta la vecchia e con essa tutte le sue emozioni. In terapia quando mi occupo di bullismo mi capita spesso che si parli del passato con grande critica o addirittura ci si rifiuti di parlarne. Questa nuova immagine deve essere conforme a ciò che Instagram detta.

Che cosa può fare un genitore per arginare e prevenire questo rischio?

Per prima cosa bisogna ascoltare e osservare.
È vero che gli adolescenti di default hanno momenti di mutacismo, anche prolungati, ma di tanto in tanto parlano anche loro. Ed è proprio in quegli attimi che si può intervenire in maniera strategica.

Ascoltare

Il “come va?” chiaramente non funziona, per rispondere a questa domanda basta solo una parola da cui l’adolescente si svincola rapidamente. Per tanto dobbiamo allenarci a trovare domande per cui non bastino un paio di sillabe per risposta. A me ad esempio piace molto la formula usata in “wonder” dai genitori durante I momenti di convivialità: “come è stata la tua giornata?”.
“La tua” sottolinea il fatto che ogni giornata ha la stessa importanza per tutti i membri della famiglia ed è fatta della stessa pasta della giornata dei genitori.
Formulare domande in un ottica di non giudizio aiuta a mettere in primo piano il punto di vista del proprio figlio. “ come pensi sia andata? Avrebbe potuto andare meglio? Che cosa l’ha disturbata secondo te?”. Ricordiamoci che ogni scelta da parte dell’adolescente è una parte dell’adolescente stesso, e se critichiamo I suoi amici o I suoi progetti, per quanto possano essere bizzarri, stiamo criticando lui.

Osservare

Per quanto riguarda l’osservazione deve essere rivolta a qualsiasi variazione di comportamento. Dorme? Mangia? Si lava? Questi sono importanti indicatori per quanto riguarda il disturbo dell’umore. Ricordiamoci che se il risultato della nostra osservazione è che c’è qualcosa che non va, vuol dire che è successo qualcosa.
E allora è importante comunicarlo, dirlo che siamo preoccupati. Dare disponibilità al dialogo e chiedere al l’adolescente quale condizione lo aiuterebbe. A volte è proprio lui ad indicare la seduta con uno psicologo.

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Multitasking Vs. Millenials

L’adolescenza e il ritiro sociale: gli Hikikomori

https://it.wikipedia.org/wiki/Bullismo

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Pensando alla generazione dei Millenials e allo stretto rapporto con la tecnologia che la caratterizza, mi sono soffermata su alcuni lavori scientifici Genitori e adolescenti che sono stati fatti per comprendere l’influenza del processamento multitasking sull’umore e sullo sviluppo cerebrale.

Per multitasking intendo l’attenzione rivolta contemporaneamente a più oggetti. L’esecuzione di più compiti allo stesso tempo, è un attività che intraprendiamo ogni giorno. Passiamo dal cellulare al computer, al televisore con apparente scioltezza. In verità questo comportamento, in cui noi “anziani” ci siamo resi abili e con cui i più giovani praticamente sono nati, porta a una notevole serie di svantaggi sul piano neurale.

-adolescenti e nuove tecnologie-

Ma cosa dicono le ricerche su questo?

Alla University of London hanno scoperto che  sembra esserci una riduzione significativa del Qi durante una sessione multitasking ripetuta, addirittura fino agli 8 anni di età. In un’altra ricerca sì è visto come durante una risonanza magnetica apparisse una densità inferiore nella Corteccia Anteriore Cingolata, area deputata allo sviluppo di Empatia.

D.J. Levitin, neurologo studioso dei processi multitasking, nel 2014 ha scoperto che il passaggio veloce da un attività all’altra, aumenta il normale livello di cortisolo. Questo ormone è responsabile della reazione dello stress, e pertanto anche dell’aggressività. Alla Michigan State University nel 2013, in accordo con questi risultati, hanno verificato la correlazione fra il comportamento multitasking e la presenza di ansia e depressione. Inoltre è emerso da queste ricerche che “fare tutto contemporaneamente” causa una secrezione dopaminergica, che funziona da “dose”;  il suo effetto è perciò breve e crea dipendenza.

Detto questo, proviamo a pensare al peso di questa influenza sullo sviluppo psicologico e sociale di un soggetto giovane.

Ogni giorno, a scuola, un adolescente abituato a questa spasmodica stimolazione è costretto a stare seduto ad ascoltare e ad apprendere senza uno schermo davanti.

Io credo che lo sforzo che fanno gli adolescenti per stare in classe sia molto diverso rispetto a quello che dovevamo fare noi adulti nati prima della tecnologia. Non penso per questo penso che sia sbagliato, perché consente per  50 minuti di disconnettersi dal mondo.

Per una volta il sistema scolastico italiano può definirsi più sicuro rispetto a quello dei paesi nordici. In Olanda ad esempio, c’è stato un netto passaggio dalla carta stampata agli schermi tecnologici e la dipendenza degli alunni dal tablet è cresciuta a dismisura.

-adolescenti e nuove tecnologie-

Disturbi alimentari e lock down

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